Pubblichiamo un altro capitolo del libro di Gaetano Sardiello, Il viandante e la via.
Ci addentriamo, con questo capitolo, nella narrazione di episodi di vita giudiziaria vissuta, rispetto ai quali al testimonianza di quel grandissimo avvocato ne dà un affresco assolutamente toccante, sia per gli aspetti drammatici che per quelli che lo sono meno.
«Il portafogli e la libertà.
Attorno al nome dell’imputato ed a tutta la sua vicenda giudiziaria era l’ombra dei milioni, da tutti intravista, da troppi sognata, da nessuno … ghermita.
Ma finalmente questa, se a qualche cosa servì, non fu a salvare, ma a perdere l’imputato, il quale forse, disincagliato dalle prevenzioni che nascevano dalla sua fama di Creso, avrebbe raggiunto un quinto voto che gli avrebbe portato l’assoluzione.
Si concludeva così un esasperante dibattimento svoltosi, tra l’imperversare delle forze e delle passioni più aspre delle parti; cui si riuscivano appena a sovrastare i patroni, battagliando gli uni per la condanna, gli altri per la libertà …
Quando la posta fu perduta, la notizia appresa dall’imputato parve dovesse sconvolgerlo …
Com’era allora il rito, subito dopo la lettura del verdetto, il P.M. propose la sua richiesta di pena.
La difesa invocò il minimo consentito dalla legge.
Il presidente, che poteva spaziare in una notevole latitudine, si ritirò per deliberare la sentenza.
In questo momento e mentre, sospesa l’udienza, nell’aula stipata dal pubblico si sommavano in un confuso vociare i più vari commenti del verdetto ed i pronostici sulla sentenza, l’imputato, piangente nella gabbia, con un gesto desolato mi chiamò…
Triste momento per l’avvocato (quante altre volte ne ho sentito l’amarezza!) quello del primo, improvvisato conforto al condannato!… E’ ancora nell’anima del difensore il fremito della battaglia e, già viva a profonda, la percossa della sconfitta. Ha bisogno egli stesso di conforto. Ma la pietà detta l’ultimo sforzo: la ricerca di una lontana speranza contro l’irreparabile, che già s’annuncia e s’impone…
Un’ultima incertezza in quel momento, di quella ora morta procedura, teneva trepidante l’imputato: la misura della pena. Un anno, sei anni, dieci anni? Un anno di meno nella sentenza è, a volte, una conquista… Oh, la differenza tra i diciassette e i venti anni, con quale sensibilità profonda l’avverte il condannato ad una grave pena.
Eppure, che possono essere tre anni segnati in un tempo lontano, che dovranno giungere dopo altri sedici o diciassette ancora da venire; sedici o diciassette in cui potranno sorgere cento possibilità di bene e di male … che sono? Più tardi, quando scoccheranno, dopo il primo lungo tempo, potranno contare; ma ora? Ora, mentre lo smarrimento avvolge e par che trascini; pochi anni di più, dopo tanti, tanti, che sono? Eppure sono qualcosa anche ora, eppure contano ancora, da ora…
E allora il condannato chiamava.
Per il conforto del pronostico più favorevole.
Con quest’animo a quel gesto desolato risposi e mi feci da presso al mio cliente, al suo grande dolore.
- Coraggio … sperate …
- Avvocato, … che somma può assegnare il Presidente per danni agli avversari?
E piangeva…»
- Sardiello, Il viandante e la via, Edzioni “La Toga” – Napoli, pp. 33-35.