Pubblichiamo, in allegato alla presente, il documento con cui la Giunta della UCPI ha reso nota la posizione espressa dalla Associazione dei Professori di Diritto Penale in merito alla prospettata riforma della legittima difesa.
Rinviamo alla nota per una migliore comprensione della posizione assunta.
Non possiamo fare a meno di evidenziare, tuttavia, come le linee portanti della riforma siano tese a confondere i limiti dogmatici dell’istituto della legittima difesa, trasformandolo in un vero e proprio diritto di difesa (incondizionato) che, come tale, non tollera alcun controbilanciamento di sorta.
Questi i passaggi di maggiore interesse del documento (in questa prospettiva):
«La causa di giustificazione della legittima difesa non ha mai avuto nulla a che fare – in qualsiasi luogo e in qualsiasi tempo – con una licenza di uccidere, poiché la legittimità della difesa è stata sempre subordinata a precisi requisiti: primo fra tutti la necessità di difendersi, in assenza della quale non si parlerebbe più di difesa, ma di offesa gratuita e deliberata. Nel requisito della necessità è implicita un’idea di proporzione della difesa rispetto all’offesa, poiché una difesa volutamente sproporzionata cesserebbe di essere difesa e assumerebbe i contenuti di un’offesa».
Ed ancora:
«L’idea di introdurre un “diritto di difesa” che prenda il posto della legittima difesa – come vorrebbe la proposta di legge n. 580 – stravolge quindi il significato della causa di giustificazione, poiché introduce una licenza di uccidere ancorata semplicemente a un rapporto cronologico tra aggressione e “difesa”: qualunque compressione del requisito della proporzione della difesa, mediante una presunzione normativa della sua sussistenza (come nelle proposte di legge n. 274,308 e 580 attualmente all’esame della Camera dei deputati), non può in ogni caso escludere la necessità della difesa stessa».
Come si vede – rinviando alla restante parte del documento per i profili di opportunità ed efficacia della riforma – al di la del problema più spiccatamente politico, ve ne è uno ancor più pregnante di carattere meta-giuridico: la trasformazione del volto dell’istituto e la trasformazione di una esimente in una vera e propria “licenza di uccidere”!
Ognuno potrà trarre da ciò, ovviamente, le proprie considerazioni conclusive.
Ma è bene che si chiamano le cose con il loro nome!